In genere, non vedo tanto di buon occhio l'utilizzo dei programmi copiati, ma a volte certe situazioni sembrano proprio voler spingere a tutti costi una persona a ricorrere al tanto discusso peer-to-peer piuttosto che al negozio.
A questo proposito, qualche giorno fa mi è successa una cosa . Come capita spesso, Windows XP ha segnalato la disponibilità di aggiornamenti, che dopo aver visionato ho regolarmente scaricato. Come sempre, ho preferito aspettare a installarli alla fine della giornata, anche per evitare un fastidioso riavvio con diversi programmi attivi e soprattutto quella antipatica finestra che chiede continuamente di riavviare il sistema.
La mattina seguente, alla riaccensione del pc, sembra tutto in regola. Se non che, tra la posta arrivata, trovo un filmato inviato da un mio amico; avvio la visualizzazione del file, e qui si presenta la sorpresa. Tra gli aggiornamenti scaricati il giorno precedente, uno riguardava Media Player. Fino a qui niente di strano, ma quello che mi ha fatto lettralmente andare in bestia, è quanto visualizzato immediatamente dopo.
Per avviare il lettore, Windows ha preteso di controllare che la copia del sistema operativo installata sul pc fosse originale. Sarò anche permaloso, ma questa mi sembra un'inutile quanto arrogante intrusione nella mia privacy.
Premesso che la copia di XP che uso è assolutamente originale (tra i vantaggi di un giornalista c'è proprio il fatto di non avere queste preoccupazioni), per quanto sforzi faccia non riesco proprio a capire la motivazione di tale richiesta. Naturalmente, con l'impossibilità in caso contrario o di mancata accettazione della verifica di poter proseguire con la visualizzazione.
Anche perchè se non ricordo male, sulla base di una recente sentenza, Media Player dovrebbe essere un modulo completamente indipendente dal sistema operativo.
Quasi tutti gli informatici tengono un blog. Troppi giornalisti si dedicano a un blog. Quale amenità aspettarsi da un giornalista che si occupa di informatica e decide di darsi al blog?
venerdì 21 dicembre 2007
lunedì 17 dicembre 2007
I forzati delle donazioni obbligate
Tanto per restare in tema di volantini e posta-spazzatura, c'è un'altra situazione che merita attezione. Soprattutto in questo periodo prossimo alle feste, non passa giorno senza trovare nella casella della posta almeno due buste indirizzate personalmente, gonfie di materiale informativo sulla una presunta attivtà benefica piuttosto che un'altra, e che naturalmente necessita di fondi.
Senza entrare nel merito dell'effettivo utilizzo di eventuali offerte da parte dell'associazione di turno, non posso a fare a meno di provare un certo fastidio per il modo con il quale questi oboli vengono 'pretesi', facendo leva sulla coscienza personale, senza timore di speculare sulle disgrazie di tanta povera gente.
A costo di apparire cinico, tutte queste missive finiscono nella scatola della carta da riciclare senza neppure essere aperte. Prima di tutto, perchè voglio decidere io se, quando e come impegnarmi sotto questo punto di vista. Ma poi, anche per una questione che non voglio sottovalutare. Quanto spendono questi movimenti per la preparazione, la stampa e l'invio di tutto questo materiale? Veramente i ritorni coprono questi costi? Tutto questo processo, quanto materiale inutile e i relativi trasporti chiama in causa?
Finchè si tratta di materiale informativo delle Associazioni che ho deciso personalmente di sostenere (andando a cercarle espressamente), la cosa ci può anche stare, ma tutti gli altri un bel momento potrebbero anche smetterla. A meno che non abbiano una dispensa particolare sugli obblighi legati alla privacy.
Tutto questo, soprattutto quando si arriva a voler intraprendere la strada di una sorta di 'ricatto morale'. Da quanto scritto sulla busta, l'ultima missiva arrivata infatti, (mai richiesta) conteneva alcuni biglietti di auguri pronti per l'uso. Lo scopo era evidente: ti mandiamo i biglietti di auguri che tu probabilmente userai, così ti sentirai in debito nei nostri confronti. Mi dispiace, ma i biglietti, con la busta e tutto il resto sono già finiti al macero.
Senza entrare nel merito dell'effettivo utilizzo di eventuali offerte da parte dell'associazione di turno, non posso a fare a meno di provare un certo fastidio per il modo con il quale questi oboli vengono 'pretesi', facendo leva sulla coscienza personale, senza timore di speculare sulle disgrazie di tanta povera gente.
A costo di apparire cinico, tutte queste missive finiscono nella scatola della carta da riciclare senza neppure essere aperte. Prima di tutto, perchè voglio decidere io se, quando e come impegnarmi sotto questo punto di vista. Ma poi, anche per una questione che non voglio sottovalutare. Quanto spendono questi movimenti per la preparazione, la stampa e l'invio di tutto questo materiale? Veramente i ritorni coprono questi costi? Tutto questo processo, quanto materiale inutile e i relativi trasporti chiama in causa?
Finchè si tratta di materiale informativo delle Associazioni che ho deciso personalmente di sostenere (andando a cercarle espressamente), la cosa ci può anche stare, ma tutti gli altri un bel momento potrebbero anche smetterla. A meno che non abbiano una dispensa particolare sugli obblighi legati alla privacy.
Tutto questo, soprattutto quando si arriva a voler intraprendere la strada di una sorta di 'ricatto morale'. Da quanto scritto sulla busta, l'ultima missiva arrivata infatti, (mai richiesta) conteneva alcuni biglietti di auguri pronti per l'uso. Lo scopo era evidente: ti mandiamo i biglietti di auguri che tu probabilmente userai, così ti sentirai in debito nei nostri confronti. Mi dispiace, ma i biglietti, con la busta e tutto il resto sono già finiti al macero.
mercoledì 12 dicembre 2007
Il marketing di carta straccia
Tutte le volte che, non senza una certa fatica, deposito fuori di casa il solito pesante scatolone pieno di carta per la raccolta differenziata, non riesco a fare a meno di pensare ad alcune considerazioni.
Buona parte di quel peso che mette a dura prova la mia schiena è perfettamente inutile. La quantità di carta risultato del normale utilizzo mio e della mia famiglia si riduce infatti a imballaggi e qualche giornale e rivista. Tutto il resto, è carta sprecata, nel senso che in un Paese civile non doveva neppure arrivare nelle mie mani.
A parte una quota di imballaggi comunque inutili (per esempio quelli utilizzati per contenere i tubetti di salse e dentifrici), la maggior parte del carico inutile è pubblicità. Pubblicità recapitata per posta o comunque trovata nella casella grazie agli instacanbabili distributori di volantini non richiesti.
Alcuni in particolare, dei quali voglio fare i nomi, lasciano perplessi, per non dire irritati. Il primo è Sky. Il monopolista della TV via satellite infatti, non contento di telefonare a casa con cadenza almeno quindicinnale per le sue 'imperdibili' proposte (e nonostante i ripetuti inviti a rimuovere il mio nominativo), sente anche la necessità di inviare per posta almeno tre corposi plichi al mese, usando almeno due forme diverse del mio nome. Inutile dire che tali plichi sono destinati direttamente al cestino non appena visto il mittente.
In un periodo in cui qualsiasi attività commerciale si vanta di preoccuparsi dell'ambiente, difficile fare a meno di pensare al costo 'ecologico' di tale politica arrogante di marketing. Questa documentazione viene infatti stampata (usando carta e inchiostri), confezionata (impiegando energia), spedita (sfruttando trasporti su strada) e recapitata a domicilio per finire direttamente al macero. Il tutto, facile prevedere, moltiplicato per un numero imprecisato di destinatari altrettanto presi di mira. Con costi, non appare azzardato ipotizzare, che ricadono sugli sventurati abbonati.
Il secondo esempio è l'agenzia immobiliare Tempocasa (ma anche il concorrente Tecnocasa si sta prontamente adeguando). Come quasi tutti i palazzi, il condominio dove risiedo ha predisposto una casella esterna collettiva per la pubblicità (in pratica un cestino elegante) dove finiscono decine e decine di volantini e opuscoli (anche loro stampati e portati a spasso per niente) al giorno. Tranne naturalmente quelli di Tecnocasa, i cui 'postini' si ritengono superiori agli altri e devono intrufolarsi a tutti costi all'interno del palazzo per inserire le proprie cartacce direttamente nelle caselle personali. Anche in questo caso, non è difficile ipotizzare il risultato controproducente.
Ci sarebbe altro da aggiungere, ma per il momento meglio fermarsi qua. Anche perchè devo andare a svuotare la casella prima che il postino rinunci a imbucare la posta, quella vera.
Buona parte di quel peso che mette a dura prova la mia schiena è perfettamente inutile. La quantità di carta risultato del normale utilizzo mio e della mia famiglia si riduce infatti a imballaggi e qualche giornale e rivista. Tutto il resto, è carta sprecata, nel senso che in un Paese civile non doveva neppure arrivare nelle mie mani.
A parte una quota di imballaggi comunque inutili (per esempio quelli utilizzati per contenere i tubetti di salse e dentifrici), la maggior parte del carico inutile è pubblicità. Pubblicità recapitata per posta o comunque trovata nella casella grazie agli instacanbabili distributori di volantini non richiesti.
Alcuni in particolare, dei quali voglio fare i nomi, lasciano perplessi, per non dire irritati. Il primo è Sky. Il monopolista della TV via satellite infatti, non contento di telefonare a casa con cadenza almeno quindicinnale per le sue 'imperdibili' proposte (e nonostante i ripetuti inviti a rimuovere il mio nominativo), sente anche la necessità di inviare per posta almeno tre corposi plichi al mese, usando almeno due forme diverse del mio nome. Inutile dire che tali plichi sono destinati direttamente al cestino non appena visto il mittente.
In un periodo in cui qualsiasi attività commerciale si vanta di preoccuparsi dell'ambiente, difficile fare a meno di pensare al costo 'ecologico' di tale politica arrogante di marketing. Questa documentazione viene infatti stampata (usando carta e inchiostri), confezionata (impiegando energia), spedita (sfruttando trasporti su strada) e recapitata a domicilio per finire direttamente al macero. Il tutto, facile prevedere, moltiplicato per un numero imprecisato di destinatari altrettanto presi di mira. Con costi, non appare azzardato ipotizzare, che ricadono sugli sventurati abbonati.
Il secondo esempio è l'agenzia immobiliare Tempocasa (ma anche il concorrente Tecnocasa si sta prontamente adeguando). Come quasi tutti i palazzi, il condominio dove risiedo ha predisposto una casella esterna collettiva per la pubblicità (in pratica un cestino elegante) dove finiscono decine e decine di volantini e opuscoli (anche loro stampati e portati a spasso per niente) al giorno. Tranne naturalmente quelli di Tecnocasa, i cui 'postini' si ritengono superiori agli altri e devono intrufolarsi a tutti costi all'interno del palazzo per inserire le proprie cartacce direttamente nelle caselle personali. Anche in questo caso, non è difficile ipotizzare il risultato controproducente.
Ci sarebbe altro da aggiungere, ma per il momento meglio fermarsi qua. Anche perchè devo andare a svuotare la casella prima che il postino rinunci a imbucare la posta, quella vera.
domenica 9 dicembre 2007
C'è qualcosa che non quadra
Giorno di festa, in prossimità delle Feste.
Approfitto della giornata di clemente favonio (il termine che gli svizzeri ticinesi usano per indicare quello che noi italiani chiamiamo comunemente fhoen), per uno dei miei giri in bicicletta nella zona di confine tra provincie di Varese e Como e il Canton Ticino.
Lungo le strade italiane, nonostante la giornata festiva, il solito traffico un po' nevrotico, con forti tendenze all'addensamento in prossimità dei centri commerciali e dei punti vendita, dove spesso si rasenta il blocco totale. Situazione accentuata dalla prossimità del Natale e dintorni.
Non appena superato il confine, subito la sensazione di qualche cosa di diverso. Nella tranquillità più totale di una cittadina in un giorno di festa, si notano solo alcune macchine italiane in missione pieno-a-prezzo-conveniente e qualche indigeno che si gode la giornata clemente a passo tranquillo. Nessuna traccia di corse a regali o presunti tali. Grandi magazzini e negozi quasi tutti chiusi, ad eccezione di bar edicole e benzinai.
Quello che potrebber però apparire come un segnale di vita monotona e noiosa, tra una pedalata a l'altra porta a una breve riflessione.
In Italia non passa giorno senza che l'Associazione di turno si lanci in appassionate arringhe in presunta difesa dei consumatori, sparando cifre su aumenti, rincari e livelli di povertà sempre più accentuati, in una sorta di gara a chi la spara più grossa alla ricerca della visibilità mediatica indispensabile a guadagnare consensi (vale a dire tessere). Qualche cosa che ricorda molto da vicino certe consuetudini politiche, le stesse in teoria contestate.
Sulla strada, la situazione appare ben diversa. Tutti coloro pronti a non perdere occasione per lamentarsi di prezzi inversamente proporzionali agli stipendi e a scaricare ogni colpa sull'euro, non esitano a passare anche le giornate di festa in automobile macinando chilometri (pochi) in ingorghi (tanti) per ammassarsi in un centro commerciale a riempire carrelli di merce di ogni tipo, spesso futile, e produrre relativi scontrini che attentano pesantemente al conto in banca. Insomma, non sembra esattamente un Paese in difficoltà economica.
Quello che invece non accade nella vicina Svizzera, un'economia tra le più solide e ricche in assoluto. Laddove uno dei problemi più sentiti è l'aumento della disoccupazione dello 0,2%, arrivando così al 2,4%, nessuno sente la mancanza di un'ulteriore apertura festiva di negozi, grandi magazzini e centri commerciali per lanciarsi in spese fini a sè stesse.
Sarò anche un po' duro di comprendonio, ma c'è proprio qualcosa che non mi torna. Forse gli svizzeri non sono proprio così noiosi e monotomi come tanti italiani amano descriverli. Magari per non doversi guardare allo specchio.
Approfitto della giornata di clemente favonio (il termine che gli svizzeri ticinesi usano per indicare quello che noi italiani chiamiamo comunemente fhoen), per uno dei miei giri in bicicletta nella zona di confine tra provincie di Varese e Como e il Canton Ticino.
Lungo le strade italiane, nonostante la giornata festiva, il solito traffico un po' nevrotico, con forti tendenze all'addensamento in prossimità dei centri commerciali e dei punti vendita, dove spesso si rasenta il blocco totale. Situazione accentuata dalla prossimità del Natale e dintorni.
Non appena superato il confine, subito la sensazione di qualche cosa di diverso. Nella tranquillità più totale di una cittadina in un giorno di festa, si notano solo alcune macchine italiane in missione pieno-a-prezzo-conveniente e qualche indigeno che si gode la giornata clemente a passo tranquillo. Nessuna traccia di corse a regali o presunti tali. Grandi magazzini e negozi quasi tutti chiusi, ad eccezione di bar edicole e benzinai.
Quello che potrebber però apparire come un segnale di vita monotona e noiosa, tra una pedalata a l'altra porta a una breve riflessione.
In Italia non passa giorno senza che l'Associazione di turno si lanci in appassionate arringhe in presunta difesa dei consumatori, sparando cifre su aumenti, rincari e livelli di povertà sempre più accentuati, in una sorta di gara a chi la spara più grossa alla ricerca della visibilità mediatica indispensabile a guadagnare consensi (vale a dire tessere). Qualche cosa che ricorda molto da vicino certe consuetudini politiche, le stesse in teoria contestate.
Sulla strada, la situazione appare ben diversa. Tutti coloro pronti a non perdere occasione per lamentarsi di prezzi inversamente proporzionali agli stipendi e a scaricare ogni colpa sull'euro, non esitano a passare anche le giornate di festa in automobile macinando chilometri (pochi) in ingorghi (tanti) per ammassarsi in un centro commerciale a riempire carrelli di merce di ogni tipo, spesso futile, e produrre relativi scontrini che attentano pesantemente al conto in banca. Insomma, non sembra esattamente un Paese in difficoltà economica.
Quello che invece non accade nella vicina Svizzera, un'economia tra le più solide e ricche in assoluto. Laddove uno dei problemi più sentiti è l'aumento della disoccupazione dello 0,2%, arrivando così al 2,4%, nessuno sente la mancanza di un'ulteriore apertura festiva di negozi, grandi magazzini e centri commerciali per lanciarsi in spese fini a sè stesse.
Sarò anche un po' duro di comprendonio, ma c'è proprio qualcosa che non mi torna. Forse gli svizzeri non sono proprio così noiosi e monotomi come tanti italiani amano descriverli. Magari per non doversi guardare allo specchio.
lunedì 3 dicembre 2007
Giovani cavie crescono (sudate)
Da quello che ho avuto modo di vedere di persona, sono pochi, forse meno, i Paesi al mondo dove i bambini vengono accuditi come in Italia. La volontà smisurata di proteggere i propri pargoli a volte però rasenta l'assurdo.
E' sufficiente frequentare i dintorni di scuole, asili o di un parco giochi per rendersene conto, ma anche i luoghi pubblici come i centri commerciali si rivelano interessanti.
Per esempio, in qualsiasi giorno dell'anno, a qualsiasi latitudine, sarà facile trovare un bambino italiano richiamato dalla mamma/papa/nonna/nonno/zia per invitarlo/obbligarlo a indossare un maglione/felpa/giubbotto/giacca a vento.
In particolare, l'invito sarà tanto più pressante tanto più la giovane cavia si troverà sudata come conseguenza dal movimento frenetico tipico dell'età. Sempre per tutelare la salute, spesso è dura a morire il curioso invito di "non bere perchè sei sudato".
Una bizzarra variante, che incuriosice molto gli stranieri che frequentano i nostri luoghi, è l'invito esplicito: "copriti che c'è aria". In una zona particolarmente favorita da nebbia e smog sembrerebbe infatti lecito attendersi invece un atteggiamento più accondiscendente verso queste brezze minacciose.
Altrettanto curiosa appare la consuetudine a voler rimpinzare i pargoli con qualsiasi genere di sostentamento, anche al costo di ridurli obesi prima ancora che siano in grado di masticare.
I risultanti giovani fagotti ben piantati e altrettanto sudati a volte sembrano tanti piccoli astronauti, ma raramente si rendono conto di essere vittime di un bizzarro controsenso.
Non appena montati in macchina infatti, i genitori/nonni dimenticheranno subito qualsiasi istinto di protezione, mutando ogni sentimento protettivo in incoscienza totale. La quasi scontata usanza di non prendere neppure in considerazione la possibilità di usare gli appositi seggiolini e tantomeno le relative cinture è niente rispetto a come il passeggero esibisce con orgoglio il fanciullo sul sedile anteriore, possibilmente in piedi con le mani appoggiate al cruscotto.
Forse un esperimento scientifico per verificare la capacità di un giovane cranio di resistere agli impatti contro il parabrezza? Oppure una prova di forza per le mani del passeggero da adibire all'occorrenza a presa d'acciaio (fuso, come la sua testa)? In realtà, la vera ragione potrebbe essere collegata al precedente desiderio di satollare il giovane: all'occorrenza si rivelerà più efficace di un airbag. E senza bisogno di andare in officina per la ricarica. Così sarà scongiurato pericolo che diventi un bamboccione.
E' sufficiente frequentare i dintorni di scuole, asili o di un parco giochi per rendersene conto, ma anche i luoghi pubblici come i centri commerciali si rivelano interessanti.
Per esempio, in qualsiasi giorno dell'anno, a qualsiasi latitudine, sarà facile trovare un bambino italiano richiamato dalla mamma/papa/nonna/nonno/zia per invitarlo/obbligarlo a indossare un maglione/felpa/giubbotto/giacca a vento.
In particolare, l'invito sarà tanto più pressante tanto più la giovane cavia si troverà sudata come conseguenza dal movimento frenetico tipico dell'età. Sempre per tutelare la salute, spesso è dura a morire il curioso invito di "non bere perchè sei sudato".
Una bizzarra variante, che incuriosice molto gli stranieri che frequentano i nostri luoghi, è l'invito esplicito: "copriti che c'è aria". In una zona particolarmente favorita da nebbia e smog sembrerebbe infatti lecito attendersi invece un atteggiamento più accondiscendente verso queste brezze minacciose.
Altrettanto curiosa appare la consuetudine a voler rimpinzare i pargoli con qualsiasi genere di sostentamento, anche al costo di ridurli obesi prima ancora che siano in grado di masticare.
I risultanti giovani fagotti ben piantati e altrettanto sudati a volte sembrano tanti piccoli astronauti, ma raramente si rendono conto di essere vittime di un bizzarro controsenso.
Non appena montati in macchina infatti, i genitori/nonni dimenticheranno subito qualsiasi istinto di protezione, mutando ogni sentimento protettivo in incoscienza totale. La quasi scontata usanza di non prendere neppure in considerazione la possibilità di usare gli appositi seggiolini e tantomeno le relative cinture è niente rispetto a come il passeggero esibisce con orgoglio il fanciullo sul sedile anteriore, possibilmente in piedi con le mani appoggiate al cruscotto.
Forse un esperimento scientifico per verificare la capacità di un giovane cranio di resistere agli impatti contro il parabrezza? Oppure una prova di forza per le mani del passeggero da adibire all'occorrenza a presa d'acciaio (fuso, come la sua testa)? In realtà, la vera ragione potrebbe essere collegata al precedente desiderio di satollare il giovane: all'occorrenza si rivelerà più efficace di un airbag. E senza bisogno di andare in officina per la ricarica. Così sarà scongiurato pericolo che diventi un bamboccione.
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