venerdì 21 dicembre 2007

Quando Windows XP fa il prepotente

In genere, non vedo tanto di buon occhio l'utilizzo dei programmi copiati, ma a volte certe situazioni sembrano proprio voler spingere a tutti costi una persona a ricorrere al tanto discusso peer-to-peer piuttosto che al negozio.

A questo proposito, qualche giorno fa mi è successa una cosa . Come capita spesso, Windows XP ha segnalato la disponibilità di aggiornamenti, che dopo aver visionato ho regolarmente scaricato. Come sempre, ho preferito aspettare a installarli alla fine della giornata, anche per evitare un fastidioso riavvio con diversi programmi attivi e soprattutto quella antipatica finestra che chiede continuamente di riavviare il sistema.

La mattina seguente, alla riaccensione del pc, sembra tutto in regola. Se non che, tra la posta arrivata, trovo un filmato inviato da un mio amico; avvio la visualizzazione del file, e qui si presenta la sorpresa. Tra gli aggiornamenti scaricati il giorno precedente, uno riguardava Media Player. Fino a qui niente di strano, ma quello che mi ha fatto lettralmente andare in bestia, è quanto visualizzato immediatamente dopo.

Per avviare il lettore, Windows ha preteso di controllare che la copia del sistema operativo installata sul pc fosse originale. Sarò anche permaloso, ma questa mi sembra un'inutile quanto arrogante intrusione nella mia privacy.

Premesso che la copia di XP che uso è assolutamente originale (tra i vantaggi di un giornalista c'è proprio il fatto di non avere queste preoccupazioni), per quanto sforzi faccia non riesco proprio a capire la motivazione di tale richiesta. Naturalmente, con l'impossibilità in caso contrario o di mancata accettazione della verifica di poter proseguire con la visualizzazione.

Anche perchè se non ricordo male, sulla base di una recente sentenza, Media Player dovrebbe essere un modulo completamente indipendente dal sistema operativo.

lunedì 17 dicembre 2007

I forzati delle donazioni obbligate

Tanto per restare in tema di volantini e posta-spazzatura, c'è un'altra situazione che merita attezione. Soprattutto in questo periodo prossimo alle feste, non passa giorno senza trovare nella casella della posta almeno due buste indirizzate personalmente, gonfie di materiale informativo sulla una presunta attivtà benefica piuttosto che un'altra, e che naturalmente necessita di fondi.

Senza entrare nel merito dell'effettivo utilizzo di eventuali offerte da parte dell'associazione di turno, non posso a fare a meno di provare un certo fastidio per il modo con il quale questi oboli vengono 'pretesi', facendo leva sulla coscienza personale, senza timore di speculare sulle disgrazie di tanta povera gente.

A costo di apparire cinico, tutte queste missive finiscono nella scatola della carta da riciclare senza neppure essere aperte. Prima di tutto, perchè voglio decidere io se, quando e come impegnarmi sotto questo punto di vista. Ma poi, anche per una questione che non voglio sottovalutare. Quanto spendono questi movimenti per la preparazione, la stampa e l'invio di tutto questo materiale? Veramente i ritorni coprono questi costi? Tutto questo processo, quanto materiale inutile e i relativi trasporti chiama in causa?

Finchè si tratta di materiale informativo delle Associazioni che ho deciso personalmente di sostenere (andando a cercarle espressamente), la cosa ci può anche stare, ma tutti gli altri un bel momento potrebbero anche smetterla. A meno che non abbiano una dispensa particolare sugli obblighi legati alla privacy.

Tutto questo, soprattutto quando si arriva a voler intraprendere la strada di una sorta di 'ricatto morale'. Da quanto scritto sulla busta, l'ultima missiva arrivata infatti, (mai richiesta) conteneva alcuni biglietti di auguri pronti per l'uso. Lo scopo era evidente: ti mandiamo i biglietti di auguri che tu probabilmente userai, così ti sentirai in debito nei nostri confronti. Mi dispiace, ma i biglietti, con la busta e tutto il resto sono già finiti al macero.

mercoledì 12 dicembre 2007

Il marketing di carta straccia

Tutte le volte che, non senza una certa fatica, deposito fuori di casa il solito pesante scatolone pieno di carta per la raccolta differenziata, non riesco a fare a meno di pensare ad alcune considerazioni.

Buona parte di quel peso che mette a dura prova la mia schiena è perfettamente inutile. La quantità di carta risultato del normale utilizzo mio e della mia famiglia si riduce infatti a imballaggi e qualche giornale e rivista. Tutto il resto, è carta sprecata, nel senso che in un Paese civile non doveva neppure arrivare nelle mie mani.

A parte una quota di imballaggi comunque inutili (per esempio quelli utilizzati per contenere i tubetti di salse e dentifrici), la maggior parte del carico inutile è pubblicità. Pubblicità recapitata per posta o comunque trovata nella casella grazie agli instacanbabili distributori di volantini non richiesti.

Alcuni in particolare, dei quali voglio fare i nomi, lasciano perplessi, per non dire irritati. Il primo è Sky. Il monopolista della TV via satellite infatti, non contento di telefonare a casa con cadenza almeno quindicinnale per le sue 'imperdibili' proposte (e nonostante i ripetuti inviti a rimuovere il mio nominativo), sente anche la necessità di inviare per posta almeno tre corposi plichi al mese, usando almeno due forme diverse del mio nome. Inutile dire che tali plichi sono destinati direttamente al cestino non appena visto il mittente.

In un periodo in cui qualsiasi attività commerciale si vanta di preoccuparsi dell'ambiente, difficile fare a meno di pensare al costo 'ecologico' di tale politica arrogante di marketing. Questa documentazione viene infatti stampata (usando carta e inchiostri), confezionata (impiegando energia), spedita (sfruttando trasporti su strada) e recapitata a domicilio per finire direttamente al macero. Il tutto, facile prevedere, moltiplicato per un numero imprecisato di destinatari altrettanto presi di mira. Con costi, non appare azzardato ipotizzare, che ricadono sugli sventurati abbonati.

Il secondo esempio è l'agenzia immobiliare Tempocasa (ma anche il concorrente Tecnocasa si sta prontamente adeguando). Come quasi tutti i palazzi, il condominio dove risiedo ha predisposto una casella esterna collettiva per la pubblicità (in pratica un cestino elegante) dove finiscono decine e decine di volantini e opuscoli (anche loro stampati e portati a spasso per niente) al giorno. Tranne naturalmente quelli di Tecnocasa, i cui 'postini' si ritengono superiori agli altri e devono intrufolarsi a tutti costi all'interno del palazzo per inserire le proprie cartacce direttamente nelle caselle personali. Anche in questo caso, non è difficile ipotizzare il risultato controproducente.

Ci sarebbe altro da aggiungere, ma per il momento meglio fermarsi qua. Anche perchè devo andare a svuotare la casella prima che il postino rinunci a imbucare la posta, quella vera.

domenica 9 dicembre 2007

C'è qualcosa che non quadra

Giorno di festa, in prossimità delle Feste.

Approfitto della giornata di clemente favonio (il termine che gli svizzeri ticinesi usano per indicare quello che noi italiani chiamiamo comunemente fhoen), per uno dei miei giri in bicicletta nella zona di confine tra provincie di Varese e Como e il Canton Ticino.

Lungo le strade italiane, nonostante la giornata festiva, il solito traffico un po' nevrotico, con forti tendenze all'addensamento in prossimità dei centri commerciali e dei punti vendita, dove spesso si rasenta il blocco totale. Situazione accentuata dalla prossimità del Natale e dintorni.

Non appena superato il confine, subito la sensazione di qualche cosa di diverso. Nella tranquillità più totale di una cittadina in un giorno di festa, si notano solo alcune macchine italiane in missione pieno-a-prezzo-conveniente e qualche indigeno che si gode la giornata clemente a passo tranquillo. Nessuna traccia di corse a regali o presunti tali. Grandi magazzini e negozi quasi tutti chiusi, ad eccezione di bar edicole e benzinai.

Quello che potrebber però apparire come un segnale di vita monotona e noiosa, tra una pedalata a l'altra porta a una breve riflessione.

In Italia non passa giorno senza che l'Associazione di turno si lanci in appassionate arringhe in presunta difesa dei consumatori, sparando cifre su aumenti, rincari e livelli di povertà sempre più accentuati, in una sorta di gara a chi la spara più grossa alla ricerca della visibilità mediatica indispensabile a guadagnare consensi (vale a dire tessere). Qualche cosa che ricorda molto da vicino certe consuetudini politiche, le stesse in teoria contestate.

Sulla strada, la situazione appare ben diversa. Tutti coloro pronti a non perdere occasione per lamentarsi di prezzi inversamente proporzionali agli stipendi e a scaricare ogni colpa sull'euro, non esitano a passare anche le giornate di festa in automobile macinando chilometri (pochi) in ingorghi (tanti) per ammassarsi in un centro commerciale a riempire carrelli di merce di ogni tipo, spesso futile, e produrre relativi scontrini che attentano pesantemente al conto in banca. Insomma, non sembra esattamente un Paese in difficoltà economica.
Quello che invece non accade nella vicina Svizzera, un'economia tra le più solide e ricche in assoluto. Laddove uno dei problemi più sentiti è l'aumento della disoccupazione dello 0,2%, arrivando così al 2,4%, nessuno sente la mancanza di un'ulteriore apertura festiva di negozi, grandi magazzini e centri commerciali per lanciarsi in spese fini a sè stesse.

Sarò anche un po' duro di comprendonio, ma c'è proprio qualcosa che non mi torna. Forse gli svizzeri non sono proprio così noiosi e monotomi come tanti italiani amano descriverli. Magari per non doversi guardare allo specchio.

lunedì 3 dicembre 2007

Giovani cavie crescono (sudate)

Da quello che ho avuto modo di vedere di persona, sono pochi, forse meno, i Paesi al mondo dove i bambini vengono accuditi come in Italia. La volontà smisurata di proteggere i propri pargoli a volte però rasenta l'assurdo.

E' sufficiente frequentare i dintorni di scuole, asili o di un parco giochi per rendersene conto, ma anche i luoghi pubblici come i centri commerciali si rivelano interessanti.

Per esempio, in qualsiasi giorno dell'anno, a qualsiasi latitudine, sarà facile trovare un bambino italiano richiamato dalla mamma/papa/nonna/nonno/zia per invitarlo/obbligarlo a indossare un maglione/felpa/giubbotto/giacca a vento.

In particolare, l'invito sarà tanto più pressante tanto più la giovane cavia si troverà sudata come conseguenza dal movimento frenetico tipico dell'età. Sempre per tutelare la salute, spesso è dura a morire il curioso invito di "non bere perchè sei sudato".

Una bizzarra variante, che incuriosice molto gli stranieri che frequentano i nostri luoghi, è l'invito esplicito: "copriti che c'è aria". In una zona particolarmente favorita da nebbia e smog sembrerebbe infatti lecito attendersi invece un atteggiamento più accondiscendente verso queste brezze minacciose.

Altrettanto curiosa appare la consuetudine a voler rimpinzare i pargoli con qualsiasi genere di sostentamento, anche al costo di ridurli obesi prima ancora che siano in grado di masticare.

I risultanti giovani fagotti ben piantati e altrettanto sudati a volte sembrano tanti piccoli astronauti, ma raramente si rendono conto di essere vittime di un bizzarro controsenso.

Non appena montati in macchina infatti, i genitori/nonni dimenticheranno subito qualsiasi istinto di protezione, mutando ogni sentimento protettivo in incoscienza totale. La quasi scontata usanza di non prendere neppure in considerazione la possibilità di usare gli appositi seggiolini e tantomeno le relative cinture è niente rispetto a come il passeggero esibisce con orgoglio il fanciullo sul sedile anteriore, possibilmente in piedi con le mani appoggiate al cruscotto.

Forse un esperimento scientifico per verificare la capacità di un giovane cranio di resistere agli impatti contro il parabrezza? Oppure una prova di forza per le mani del passeggero da adibire all'occorrenza a presa d'acciaio (fuso, come la sua testa)? In realtà, la vera ragione potrebbe essere collegata al precedente desiderio di satollare il giovane: all'occorrenza si rivelerà più efficace di un airbag. E senza bisogno di andare in officina per la ricarica. Così sarà scongiurato pericolo che diventi un bamboccione.

giovedì 22 novembre 2007

Vola basso con il basso costo

Nonostante tutto quello che diverse persone, soprattutto giornalisti, affermano, viaggiare per lavoro in questo mestiere è tutt'altro che un sacrificio. Con un minimo di capcità nello sapersi smarcare dal programma ufficiale quando non strettamente indispensabile, è infatti possibile visitare luoghi che altrimenti sarebbe difficile raggiungere.
Anche se rispetto al passato, le agende degli eventi internazionali sono state ampiamente ridimensionate, parlare di viaggi di lavoro come di gravi incombenze, francamente mi sembra ingrato. Ciò non toglie però, di andare incontro a situazioni curiose. L'ultima, per esempio, qualche giorno fa.

In occasione di un evento in Belgio, una società organizza la traferta per un gruppo di giornalisti. Nel mio caso, per problemi di orario, e non di costi, la scelta ricade su un volo di una compagnia a basso costo. Almeno così si presentano loro, anche se in realtà sul biglietto compare una cifra di 480 euro per andata e ritorno a Bruxelles. La cosa non mi riguarda più di tanto (mi interessano invece più da vicino i 42 euro di posteggio sborsati a Malpensa per circa 30 ore di sosta). Mi riguardano invece le strane politiche della compagnia. Nonostante il decollo intorno alle 6.30 (due ore dopo la sveglia), la tariffa 'light' (viene da chiedersi quanto fosse a questo punto quella standard) non prevede servizio a bordo incluso. A quel punto sorge spontanea la ripicca: piuttosto che pagare tre euro un bicchiere d'acqua, uno si tiene la sete anche a costo di una crisi di disidratazione. Il viaggio è abbastanza breve da scongiurare il tutto, ma qualche sospetto sulla qualità del vettore sorge.

Il bello viene però al ritorno. Lo stesso bagaglio a mano portato in cabina all'andata, viene dapprima guardato con sospetto, quindi pesato e infine sequestrato per l'imbarco. Un collo di 8,6 Kg viene inappellabilmente giudicato non ammesso al volo. E i modi poco garbati dell'addetta al check-in non lasciano spazio a italiche trattative, anzi fanno trasparire una chiara diffidenza su quanto affermato circa il volo del giorno precedente.

Il tutto naturalmente comporta circa 30 minuti di attesa all'arrivo per il recupero. Ma più che il tempo, il dubbio che rumina per tutta la durata del volo è quali siano i vantaggi di usufruire di certe compagnie a basso costo che di basso hanno solo i servizi. Forse lo scopo social-educativo di insegnare agli sorotunati viaggiatori della Brussel Airlines di 'volare basso'?

lunedì 12 novembre 2007

La certezza dell'imprevisto

Nella vita c'è bisogno di certezze. E le certezze dalle mie parti, personalmente, le vedo latitare. Qualche cosa che nonostante il passare del tempo rimane inalteratò però rimane, anche se sorge il dubbio che non sia proprio motivo di giubilo.
Dopo alcuni anni da pendolare, nelle ultime settimane infatti mi è capitato di tornare a prendere il treno diverse volte. A differenza di quando una persona viaggia regolarmente e, come una sorta di meccanismo di autodifesa a soprravvivenza di sè stesso, con il tempo si abitua a sopportare anche le situazioni più bizzarre come i servizi offerti da Trenitalia, una volta persa l'abitudine è più facile restare sbalorditi dalla realtà.

E la realtà rappresenta proprio la certezza in questione. Vale a dire, l'incognita di come finirà un viaggio che prevede l'utilizzo del treno. Due volte su due, in due settimane, è capitato di dover andare alla nuova fiera di Milano-Rho-Pero arrivando da Busto Arsizio e dintorni. Causa costo astronomico dei posteggi in fiera e previsioni di traffico clamoroso, la scelta è ricaduta sui mezzi pubblici.

Il bus navetta Rho-stazione - Rho-fiera ci ha messo del suo con corse fantasma, ma il grottesco delle ferrovie italiane resta comunque irraggiungibile. Prendere un treno a Busto Arsizio arrivando da fuori città è subito un'avventura. Posteggi praticamente insesistenti sia per macchina sia per bicicletta, divieti di sosta degni di uno psichiatra, una sola biglietteria aperta (e due automatiche guaste da sempre) regolarmente occupata per prenotazioni a data destinarsi, binari inaccessibili ai disabili, pulizia dei binari sonosciuta (i reperti della foto fanno bella mostra da almeno dieci anni!), fanno da benvenuto al viaggiatore.

Assimilata questa forma di accoglienza, ci si accorge che tutto quello che si dice sui ritardi dei treni non corrisponde proprio a verità. La realtà infatti è molto peggio. Nella prima occasione, perso il treno per la coda alla biglietteria, il successivo transita in tutta tranquillità con venti minuti di ritardo, che si vanno a sommare agli altri venti di attesa. A Rho naturalmente, la prevista coincidenza è una pura ipotesi e passano così altri tre quarti d'ora. Tempo di percorrenza casa-Fiera (25 Km scarsi): 2,5 ore.

Anche studiando attentamente tutte le variabili, il risultato rimane lo stesso. Dopo qualche giorno, presi i tempi giusti del viaggio di andata e ridotta la percorrenza a 'solo' un'ora e mezza (sempre per 25 Km), la sorpresa arriva al ritorno. Visti i precedenti, prudenza impone di mettersi in moto due ore abbondanti prima di un appuntamento. All'arrivo in stazione a Rho, il margine è ancora abbondante. Ma, mai lasciarsi andare all'ottimismo. Circa un quarto d'ora dopo il previsto passaggio del treno, qindici minuti di silenzio inquietante, un laconico messaggio di servizio annuncia venti minuti circa di ritardo per quello che più che un treno assume sempre più i connotati di un terno. Secco, naturalmente.

All'esperto viaggiatore non sarebbe sfuggita quella parola all'apparenza poco significativa. Nel linguaggio autoctono delle ferrovia infatti, circa significa incertezza totale con tendenza al rialzo. In breve i quindici minuti diventano infatti venti e poi trenta. A trenta si riesce anche a sapere della presenza di un treno bloccato nel passante ferroviario. Sedati gli istinti violenti, a quel punto comincia a subentrare la consapevolezza, ben nota a tutti i pendolari, che situazioni del genere significano ritardi di almeno un'ora. Situazione che regolarmente si verifica. Intanto che qualche buona anima forse pensava a come 'stappare' il passante, un treno in transito proveniente da altri lidi e in ritardo di soli dieci minuti (praticamente in anticipo) provvedeva a raccogliere gli aspiranti viaggiatori dimenticati sui marciapidei delle varie stazioni. Parecchi dei quali con una persistente perplessità: per quale dannata ragione i treni delle ferrovie si bloccano sempre nell'imbuto nel passante? E perchè succede così spesso da non destare più stupore ma solo sconforto? E ancora, perchè mai succede solo ai treni e mai alle metropolitane?

Se volete una risposta, NON scrivete alle ferrovie, sarebbe tempo sprecato. Vi ringrazierebbero della segnalazione e vi comuniucheranno che provvederanno al più presto a interessare le persone competenti e a fornirvi una risposta. Io, questa persona competente a rispondermi a una segnalazione la sto aspettando da anni.

martedì 30 ottobre 2007

Il magico mondo del phishing

I primi tentativi potevano giocare sul fattore sorpresa. Anche se in realtà la richiesta di confermare i dati personali del proprio conto BancoPosta avanzata via email a uno che quel conto non l'aveva, qualche perplessità poteva sollevarla.

Perplessità che lasciavano il posto a certezze non appena si leggeva meglio il testo del messaggio oppure, anche per semplice curiosità, si andava a visitare il sito Web indicato. Il testo contenuto infatti, è di un italiano così approssimativo e sgrammaticato da sembrare francamente troppo anche per i dipendenti di un ex azienda pubblica.

Se i primi messaggi, infine, qualche dubbio lo potevano indurre, riceverne decine al giorno in una casella di posta in disuso da tempo rimuove qualsiasi incertezza sul fatto che si tratta di Phishing (quei subdoli tentativi di estorcere dati riservati, come per esempio quelli dell'home banking, attraverso siti Web 'doppioni' di quelli veri e l'invio di messaggi tanto allarmanti quanto ingannevoli).

L'ultimo che ho trovato però, li batte tutti. Evidentemente totalmente all'oscuro del mondo bancario (e postale italiano), il messaggio mi invita a confermare su un fantomatico sito Web di Poste Italiane i miei dati, così da ricevere un premio in denaro che, non si sa bene come, mi è stato assegnato.

Il già poco credibile messaggio di Banco Poste contiene però un'incongruenza ridicola, proprio perchè non salta all'occhio immediatamente. Ecco il testo:

BancoPosta premia il suo account con un bonus di fedeltà.
Il bonus le sarà accreditato nel prossimo mese.
Importo bonus vinto: 25,00

Commissioni: 1,00
Importo totale: 26,00
La preghiamo di andare al seguente form per confirmare:


A parte l'errore nell'ultima parola (ma forse proprio per rendere più attendibile il testo scritto da un presunto dipendente delle Poste), conoscendo la realtà italiana degli istituti di credito, la presenza di una commissione in effetti potrebbe rendere più credibile la situazione. Mi piacerebbe però sapere chi è disposto a calcolare una commissione addirittura in mio favore. E per giunta in aggiunta a un premio.

Chi lo sa, me lo segnali pure, che corro ad aprirci un conto. Ma non via Web.

giovedì 25 ottobre 2007

Auto (poco)mobili a scuola

Oltre a preoccuparmi della batteria dei ricambio del pc portatile, a volte la mia attenzione è catturata da situazioni, all'apparenza un po' curiose. Per esempio, tutte le mattine, assolvendo al dovere di buon papà che accompagna la figlia a scuola (a piedi, anche se può sembrare strano), lungo il percorso si replica uno spettacolo ormai consolidato.

Di fianco ai marciapiedi nei pressi della scuola elementare, quando non sono colonizzati da automobili di ogni foggia e colore che costringono a camminare direttamente sulla provinciale, un corteo di macchine in movimento praticamente a passo di lumaca e lungo abbastanza da bloccare buona parte del paese, ha come punto nevralgico il punto esatto davanti al cancello scolastico.

Qua, il genitore, indifferentemente di sesso maschile o femminile, saldamente fermo al posto di guida e rigorosamente in mezzo alla strada, allunga il braccio destro in modo da aprire la portiera al figlio/a alunno/a seduto sul sedile davanti con zaino in spalla da quando è uscito/a da casa e abbondantemente imbottito anche in piena estate. Riuscendo a evitare spiacevoli infortuni muscolari grazie al lungo allenamento nel corso dell'anno scolastico, il genitore permette al pargolo di scendere e avviarsi verso la soglia dell'istituto.

Incurante di chi avesse la disgrazia di trovarsi alle spalle, rimane in attesa, con motore acceso e rigorosamente in mezzo alla strada, fino a quando il pargolo non scompare alla vista. Subito dopo la scena si ripete con l'equipaggio successivo. Naturalmente, guai a far notare che così facendo si blocca il traffico. Le risposte sono in genere ben oltre il limite della decenza, ma ben oltre quello dell'arroganza.

D'altra parte, anche chi opta per posteggio e copertura di un breve tratto a piedi riesce a rovinare la giornata a un sacco di gente. Per qualche strana ragione, i proprietari di macchine che per ingombro rasentano un piccolo pullman, ma che in genere trasportano poco più di un passeggero al giorno, si curano di lasciarle in modo da procurare il massimo disagio a innocui pedoni nelle circostanze, già visibilmente impegnati nello slalom necessario a evitare di calpestare resti organici di origine animale.

Un'altra cosa appare interessante. Buona parte dei genitori che mai rinucerebbeo al sacrosanto diritto di coprire mezzo isolato al bordo dell'adorata autovettura, consumando circa un paio di litri di carburante (inquinando in proporzione), per buona parte della giornata non avranno altro da fare, se non attendere l'orario di uscita.

Dopodichè, a fine giornata, si daranno appuntamento tutti quanti in palestra (rigorosamente in auto) per mantenere la forma e rimediare alle consguenze della vita sedentaria.

martedì 23 ottobre 2007

Batteria esausta=notebook da buttare?

Come un numero non trascurabile di persone, anch'io sono felice possessore di un pc portatile. Acquistato ormai qualche anno fa (poco più di 4 per la precisione), si è sempre comportato in maniera più che soddisfacente, nonostante i sistemi operativi e i programmi di Microsoft.
A tutt'oggi, svolge ancora in pieno il suo dovere ma, come tanti notebook, a una certa età ha un piccolo problema: la batteria.

Inizialmente superava tranquillamente il paio d'ore. Poi, con il passare del tempo, inevitabilmente ha cominciato a degradare lentamente, fino ad arrivare all'attuale mezz'ora circa.

Il problema non sarebbe tale se, come succede per altri ricambi (per sempio le cartucce di inchiostro per le stampanti), il produttore garantisse i la disponibilità per più di 3-4 anni da quando viene messo in vendita. Invece, nonostante il gentile interessamento di un conoscente direttamente in contatto con l'azienda, di una batteria di ricambio non c'è traccia, neppure negli anfratti di qualche magazzino.

Due a questo punto le soluzioni possibili: munirsi di prolunga di lunghezza sufficiente da garantire comunque un'accettabile autonomia ovunque, oppure dotarsi di mappa delle prese di corrente a uso pubblico (o consenziente) e pianificare i movimeni in base a questi.

Certo, si può sempre pensare di cambiare pc, ma non sembra la soluzione più intelligente, e soprattutto economica. E, se anche dovesse succedere per questa ragione, difficilmente la scelta ricadrebbe sulla stessa marca.

lunedì 22 ottobre 2007

Qui comincia l'avventura

Ciao

Probabilmente non se ne sentiva la mancanza. Ma in qualità di informatico e per giunta giornalista, esimersi da un blog era ormai diventata una scelta bizzarra.

Ecco così che probabilmente è arrivato il momento di lanciarsi nel magico mondo dei blog. Di cosa si parlerà da queste parti? In teoria di tutto. In pratica, di quello che può interessare. Magari nei campi dove il sottoscritto è in grado di scrivere cose sensate.

Va da sè che non saranno poi così tante. D'altra parte di cose senza senso ne esistono tante, soprattutto nel mondo dell'informatica, tra i giornalisti e tra i giornalisti informatici che scrivono un blog.

Quindi, perchè essere da meno?